L'entrata in guerra
L’entrata in guerra
Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra a fianco dell’Intesa contro gli imperi centrali, dieci mesi dopo l’inizio delle ostilità in Europa. Alle 3:55 un cannone da 149 mm appostato al forte Verena spezza il silenzio sparando il primo colpo italiano della Guerra Nazionale 1915-1918, come è ufficialmente definita la “nostra” guerra: una definizione che si trova in tutti i registri ufficiali del tempo ma ormai dimenticata.
Vengono richiamati 1650 gualdesi (in seguito, con le nuove leve, si raggiunge un totale di 2150 mobilitati), in gran parte contadini. Le famiglie dei mezzadri, che basano la propria economia sulla forza delle braccia, sono ridotte sul lastrico: essendo privi di terra di proprietà non possono giovarsi di una pur minima autonomia alimentare e il cibo deve essere inevitabilmente procacciato con pagamenti in contanti. Per queste famiglie l’unico sostegno è rappresentato da un insufficiente sussidio governativo, demandato all’autorità locale, e dalla povera paga giornaliera del fante che ammonta a cinquanta centesimi, grosso modo quanto il costo di un chilo di pane.
Il 9 giugno 1915, la Giunta “ritenuto che in questa ora suprema che volge per la nostra cara Patria, tutti gli Enti e i Cittadini debbono dare con spirito di illimitato sacrificio aiuto e soccorso ai benemeriti che cimentano la propria vita per una più grande Italia” delibera di versare un contributo al locale Comitato di Organizzazione Civile, come sussidio per le famiglie bisognose dei militari richiamati alle armi; l’illimitato sacrificio consiste in £ 500, di cui £ 400 risparmiate dalla gestione della cucina economica e £ 100 da prelevare sul fondo di riserva.
La chiamata alle armi di molti consiglieri crea innumerevoli disagi all’attività del Consiglio Comunale: nel mese di luglio il Consiglio non raggiunge il numero legale per ben due volte, tanto che viene approvato un provvedimento che prevede la non computazione dei consiglieri richiamati ai fini della legittimità degli atti.
Allo scopo di sostenere materialmente i soldati gualdesi al fronte, si forma un Comitato composto da Giuseppe Calligaris, Ettore Liberati, Giulio Guerrieri, Filippo Natali e Giovanni Boccolini, che rivolge alla popolazione un appello:
“Pensiamo che al principio del prossimo Settembre la neve cadrà sulle Alpi ed i nostri soldati saranno esposti a tutti i rigori di un inverno lungo ed immite, quindi è necessario che tutti abbiano nel corredo maglie, berrette, calze e sciarpe di lana; e il comitato formatosi esclusivamente a quest’uopo, si rivolge alle donne gualdesi perché lavorino a provvedere quanto occorre ai propri cari, mentre il comitato facendo appello ai produttori di lana per il loro concorso a fornire la materia, si mette a disposizione delle prime come di questi ultimi, fidente che non invano avrà ricorso a questo mezzo benefico. Potrà sostenere con il denaro chi non può fornire la materia e prestare l’opera delle proprie mani”. Il comune contribuisce con £ 50.
Nello stesso periodo, essendo rimpatriate due famiglie profughe (Morroni e Ferranti) dalle terre irredente della Dalmazia, e prevedendo che altre famiglie potrebbero essere assegnate al comune di Gualdo Tadino, il Sindaco nomina un Comitato di Soccorso, presieduto dal cav. Plinio Travaglia, mettendo a disposizione del suddetto Comitato la somma di £ 300 per affrontare le prime spese. La successiva decisione della Giunta, che delibera di intervenire presso il Prefetto affinché non siano inviati altri profughi nel nostro comune, mancando locali convenienti per alloggiarli e mezzi per fronteggiare le spese di soccorso, è un atto che scredita la classe politica gualdese, anche se oggi è noto che tutti i comuni inoltrarono l’identica richiesta. I profughi, esuli in patria, povera gente costretta a rifugiarsi lontano dalle proprie case e assegnati all’assistenza di comuni lontani migliaia di chilometri, rappresentano, per chi deve accoglierli, un problema aggiuntivo.
Il Prefetto di Perugia insiste, il comune di Gualdo Tadino deve trovare un locale per alloggiare 30 profughi. Il Sindaco il 6 dicembre dichiara che non esiste a Gualdo Tadino un locale idoneo. Il 10 dicembre il Sottoprefetto di Foligno incarica il dott. Ugo Arinelli “di recarsi a Gualdo Tadino per la scelta di un locale da adattarsi a ricovero per 30 profughi o per l’accertamento della assoluta inesistenza, affermata dall’Amministrazione Comunale, di un consimile locale”. Il Comune è anche obbligato a corrispondere al dott. Arinelli la diaria di £ 10 e il rimborso delle spese di viaggio.
Come è andata a finire l’indagine è facilmente immaginabile, considerato che non arrivarono altri profughi dalmati.
Per aumentare le opportunità di scambio e di circolazione interna dei generi alimentari, la Giunta autorizza un privato cittadino “allo smercio della frutta di stagione in giro per le vie della città e con il proposito di estendere la concessione a tutti gli eventuali rivenditori, purché ogni rivenditore paghi £ 0,25 di parcheggio o non possa fermarsi per le vie oltre il tempo necessario per vendere la merce rimettendosi poi subito in circolazione”.
E’ solo un piccolo palliativo, la situazione economica rimane drammatica.
Le scorte alimentari cominciano a diminuire e, per evitare che nel paese si risenta la penuria del grano fino al nuovo raccolto ed allo scopo di vederne mantenuto il prezzo nei giusti limiti, la Giunta Comunale delibera di acquistare dal Consorzio Granario Umbro 1000 quintali di grano al prezzo di £ 41,25 al q.le e di retrocedere la suddetta quantità alla ditta F.lli Depretis, alle stesse condizioni di acquisto, con obbligo per la ditta concessionaria di corrispondere anticipatamente il prezzo e assicurare il ritiro ed il trasporto nei propri magazzini, a suo rischio e spesa. La ditta Depretis deve inoltre provvedere alla macinazione del grano e vendere tutta la farina ricavatavi sul posto, esclusivamente per uso e consumo delle famiglie, dei fabbricatori e degli spacciatori di pane esistenti nel comune di Gualdo Tadino, ai seguenti prezzi: farina grezza £. 43 al quintale, farina tipo unico £ 50 al quintale.
Cominciano a scarseggiare non solo i beni di prima necessità, ma anche quelli considerati secondari, però importantissimi per la popolazione, che comincia a perdere la pazienza quando l’ufficio postale rimane, spesso, sprovvisto di francobolli: con duemila gualdesi al fronte è facile immaginare l’enorme traffico di corrispondenza, non solo in arrivo e in partenza per le zone di guerra, ma pure tra parenti e conoscenti, ansiosi di scambiare notizie sulla sorte dei loro cari.
Per il soldato al fronte il ricevimento della corrispondenza è di primaria importanza: chi la riceve dimentica per un attimo gli orrori della guerra, chi non la riceve si isola, umiliato e ferito. Con la sua elementare calligrafia, il soldato invia assiduamente a casa segnali di vita, desideroso di una pronta risposta. Le madri, le mogli, i padri, a loro volta, s’ingegnano a scrivere lettere di risposta.
Nel film “La Grande Guerra”, il soldato analfabeta che scrive alla sua fidanzata con l’aiuto del capitano della compagnia e riceve la risposta dal parroco del paese che scrive per conto della fidanzata, analfabeta anch’essa (con il capitano che si dice stufo di scambiare lettere d’amore con un parroco), non è una trovata cinematografica ma è quanto, in alcuni casi, accade.
Insomma, scrivono tutti, anche chi non sa scrivere.
Quando dopo molte proteste e minacce arriva finalmente la provvista, ci si accorge che i francobolli sono tutti di un unico taglio, obbligando il pubblico ad usare francobolli da 15 centesimi anche per cartoline e corrispondenze per località del distretto o ad usarne due da 10 centesimi in mancanza di quelli da 15 centesimi per località fuori distretto. Non è un problema che riguarda soltanto i gualdesi e i civili rimasti a casa, in una lettera inviata dal fronte il fante Belleri scrive alla sorella: “Altro ti faccio sapere che adesso le lettere viene serrate e ci vuole il franco bollo da 15 centesimi e cuando mi mandati i bolli mandatemeli da quindici centesimi perche cui non ci sono”. (Simoni Roberto, Sarezzo nella storia).
Ad appesantire la situazione contribuiscono le notizie sui primi caduti gualdesi.
Il Consiglio Comunale delibera ad unanimità di voti, di istituire un libro d’oro “ad onore dei cittadini gualdesi caduti, feriti e reduci della guerra odierna contro l’Austria da eternarne la memoria e additarli all’esempio delle generazioni future”.
Il 29 settembre il Consiglio rivolge il suo mesto tributo alla memoria dei concittadini “morti sul campo dell’onore”, ma non è marginale ricordare che nella stessa seduta le congratulazioni al sig. Bonifacio Cajani, promosso al grado di colonnello, occupano un’intera pagina del verbale (47 righe) mentre il ricordo dei concittadini caduti, i primi caduti della nostra città, consta di 7 righe, senza peraltro ricordarne i nomi.
Gli amici dei caduti Paolo Crocetti e Alfredo Bernabei promuovono un solenne funerale che ha luogo nella chiesa del Palazzo Mancinelli, in ricordo dei compagni ufficialmente dimenticati.
La piccola chiesa è parata a lutto con nel mezzo un artistico catafalco con le immagini dei caduti, numerose ghirlande e bandierine nazionali. Tutta la popolazione prende parte alla mesta cerimonia, officiata da don Angelo Paffi, e la chiesa, dal mattino fino al mezzogiorno, rimane sempre gremita di fedeli.
I soldati feriti, rimandati a casa per essere curati, sono sempre più numerosi e il Comune chiede “l’impianto di una sezione della Croce Rossa nel nostro ospedale per la cura dei feriti”. La spesa prevista è di £ 3000, delle quali £ 1000 sostenute dalla Congregazione di Carità, £ 1000 a carico del Ministero della Guerra e £ 1000 a carico del Comune.
Tra queste interminabili difficoltà, il Comune deve occuparsi dei fisiologici e quotidiani problemi della città che vengono risolti con semplicità e senza formalismi: “Il becchino Alimenti Giuseppe è caduto gravemente malato ed occorre surrogarlo fino a che non siasi ristabilito. La Giunta, Delibera, di affidare il servizio allo scopino Campioni Giuseppe mediante il compenso di £ 2,30 giornaliere. Il Campioni ha dichiarato di farsi intanto sostituire nel servizio di scopino dalla moglie e dal suo figlio maggiore”.
Dopo le pesanti perdite subite dall’esercito italiano nelle sanguinose battaglie dell’Isonzo, il Comando Supremo intensifica le operazioni di addestramento della nuova leva: il 20 aprile 1916, dal comando della divisone militare di Perugia, viene disposta la venuta in Gualdo Tadino di 1500 soldati del 52° reggimento fanteria, per le esercitazioni di piccoli campi; il Comune concede l’occupazione dei terreni necessari alle esercitazioni, dal 20 aprile al 10 maggio, precisando che gli eventuali danni prodotti in detti terreni “verranno liquidati e pagati dall’Amm.ne militare ed il comune di Gualdo Tadino contribuirà alla spesa stessa fino al raggiungimento di £ 150”.
Il Comune provvede anche i locali per l’infermeria nel convento dei Frati Minori, prossimo agli accampamenti, nonché l’acqua necessaria per i bisogni delle truppe, predisponendo a tale scopo la sistemazione del torrente Feo mediante la formazione di piccoli bacini atti a raccogliere una certa quantità di acqua lungo il corso del torrente.
Finita l’esercitazione, il 4 giugno, festa dello Statuto, una rappresentanza del 52° reggimento fanteria viene invitata ad un vermouth d’onore. Dopo vari discorsi e troppi vermouth, un consigliere comunale propone di telegrafare, in nome di “Gualdo festante”, al Generale Cadorna, Supremo Comandante e al Generale Piacentini, capo della spedizione in Albania. La proposta viene entusiasticamente accolta da tutti. Il Sindaco, non da meno, propone di inviare un telegramma al Re, e pure questa proposta è accolta da vivissimi applausi.
La Gualdo festante! Il giorno dopo muore Enrico Pasquarelli, l’8 giugno Ernesto Ragni, il 10 Angelo Finetti…
Le donne gualdesi, da sempre abituate a lottare, si lanciano con decisione a risolvere gli enormi problemi prodotti dalla partenza di centinaia di uomini per il fronte: lasciano la cucina e vanno nei campi a sostituirli; donne gravate dalla doppia responsabilità di garantire la sopravvivenza della propria famiglia e di salvare l’economia del paese. Il 5 giugno, il presidente del Consorzio Agrario, dott. Salmoni, riunisce una rappresentanza di proprietari e agricoltori per organizzarsi allo scopo di fronteggiare la deficienza di braccia nell’imminenza dei raccolti; prevale l’idea della formazione di un comitato generale da cui far dipendere altri 20 sottocomitati, da formare nelle frazioni del comune, i quali regoleranno le varie squadre di donne idonee alla mietitura.
Un’altra circostanza negativa per la vita della popolazione è rappresentata dalla licenza accordata alle autorità militari di confiscare quanto ritenuto necessario per il sostentamento dell’esercito: nel mese di giugno la Commissione militare d’Incetta determina di procedere alla requisizione del 10 % del bestiame presente in tutto il territorio comunale, operazione già portata a termine pochi mesi prima. La precedente requisizione ha provocato notevoli malumori; infatti, non essendo possibile applicare piccole percentuali ai piccoli possidenti, la quantità di carne obbligata ai comuni fu interamente coperta dai migliori proprietari, che in tal modo si videro requisiti circa il 30 % del loro bestiame.
Il Comitato di Mobilitazione Agricola contesta l’attuale requisizione, che, se compiuta con le stesse modalità della precedente, per di più nell’imminenza dei raccolti, porterebbe a conseguenze disastrose; il comitato chiede, alla commissione militare incaricata della requisizione, di sospendere l’incetta del bestiame bovino o almeno di prorogarla di tre mesi per permettere agli allevatori di portare a termine i lavori estivi, in considerazione del fatto che il bestiame rimasto dopo l’ultima incetta “è già insufficiente a portare a termine tali lavori senza i quali l’agricoltura verrebbe ad essere seriamente compromessa”.
L’istituzione di una nuova fiera per il 1° giugno, che mira ad agevolare gli scambi commerciali e contenere l’emergenza alimentare, è una disposizione che non produce sostanziali miglioramenti, tanto che, in seguito, con l’aggravarsi della crisi, viene deliberata la soppressione di circa la metà dei mercati e delle fiere.
La limitata produzione agricola e la conseguente scarsa circolazione di generi alimentari producono il continuo e crescente aumento dei prezzi, imponendo l’adozione di severe misure di controllo; impedire l’aumento incontrollato del costo dei generi di prima necessità, contrastando il pericoloso gioco al rialzo dei rivenditori, è l’obbligato proposito perseguito dall’Amministazione Comunale.
A tale scopo vengono deliberati dei calmieri, con i quali si fissa il costo massimo che può raggiungere un prodotto:
il 12 giugno vengono determinati i prezzi massimi di vendita all’ingrosso e al minuto dei concimi:
solfato di rame, all’ingrosso £ 161 al q.le, per quantità non inferiori ai 10 q.li, al minuto £ 170 al q.le;
solfato ammoniaco, all’ingrosso £ 70 al q.le, per quantità non inferiori ai 100 q.li, al minuto £ 72 al q.le;
salciocianamide, all’ingrosso £ 36,50 al q.le, per quantità non inferiori ai 100 q.li, al minuto £ 37,90 al q.le;
il 3 luglio i prezzi massimi del riso:
giapponese originario camolino, all’ingrosso £ 47 al q.le, al minuto £ 50 al q.le;
giapponese originario brillato, all’ingrosso £ 49 al q.le, al minuto £ 55 al q.le;
cimone ranghino, all’ingrosso £ 52 al q.le, al minuto £ 60 al q.le;
cimone chinese di lusso, all’ingrosso £ 62 al q.le, al minuto £ 70 al q.le;
Le quantità superiori ai 100 chili costituiscono vendita all’ingrosso e sotto tale limite, al minuto.
il 4 agosto i prezzi massimi del pane e delle farine:
pane confezionato in filoni grandi da un chilo con farina abburattata all’85% = £ 0,40 al chilo;
farina grezza = £ 38,50 al q.le;
farina abburattata all’85% = £ 0,44 al chilo (prezzo fissato dal Prefetto);
il 24 settembre si obbligano i principali produttori di uova a fornire giornalmente:
350 uova in città e 50 nella frazione di Gaifana, al prezzo di dieci centesimi ciascuno;
il 22 dicembre il prezo massimo della farina di granoturco viene fissato in £ 33 al quintale.
Curiosamente, il 27 settembre, la Giunta rilascia alla Ditta Onorato e F.lli Ribacchi il permesso di esportazione dalla Provincia delle seguenti partite di farina prodotta nel suo mulino a cilindri: 200 q.li da destinare a Roma, 22 q.li ad Ancona e 100 q.li al consorzio agrario di Velletri. Il permesso viene rilasciato “non prevedendo che possa mancare qui la produzione necessaria per il consumo del paese”. Gli eventi successivi smentiranno tale previsione.
Il 22 ottobre, la Giunta, d’accordo con il Consorzio Agrario e la presidenza della comunanza agraria Appennino Gualdese, chiede al Ministro dell’Agricoltura l’invio di duecento prigionieri di guerra, per adibirli al rimboschimento delle vastissime zone appenniniche in gran parte spoglie di piante boschive, nonché per tutte le altre opere tendenti a migliorare la viabilità di dette zone “e per destinarli, occorrendo, ai lavori agricoli dove la mano d’opera locale dei contadini si manifestasse deficiente, assumendo a carico del comune le forniture del locale e della paglia per i dormitori dei prigionieri stessi”.
In pratica il Comune utilizza i prigionieri di guerra per la realizzazione di opere pubbliche e il relativo compenso viene direttamente incassato dal Distaccamento Prigionieri di Guerra. L’accordo prevede, inoltre, che siano a carico del Comune e dell’Appennino Gualdese le spese di miglioria necessarie per il ricovero dei prigionieri, ospitati presso il convento degli Zoccolanti.
Nel 1917 continua la politica dei calmieri:
il 5 gennaio vengono determinati i prezzi massimi di vendita del burro e del formaggio:
burro £ 5,50 al chilo;
formaggio pecorino e romano a £ 4,20 al chilo;
parmigiano a £ 6 al chilo;
il 17 marzo il prezzo della farina di grano:
farina di grano abburattata al 90%, £ 44 al quintale;
crusca all’ingrosso in £ 23 al quintale;
carbone, all’ingrosso £ 20 al quintale, per i rivenditori al minuto £. 25 al quintale;
il 19 aprile il prezzo della pasta:
pasta alimentare di produzione locale £ 0,85 al chilo;
pasta proveniente da fuori comune £ 0,90 al chilo;
pasta per la vendita all’ingrosso £ 0,82 al chilo;
il 16 maggio il prezzo della vendita al minuto del grano:
£ 39 al quintale - quantità non superiore a 25 chili;
il 21 giugno il prezzo della pasta:
vendita al minuto della farina abburattata al 90% £ 47,75 al quintale, quantità non superiore a 20 chili, per ciascuna volta per ciascuna famiglia; il prezzo del pane viene fissato in £ 45 al quintale;
il 1° luglio si determina che la farina abburattata al 90% venga venduta al prezzo di £ 47,35 al quintale, e che ciascuna famiglia non possa prelevare più di 20 chili alla settimana.
il 31 ottobre, preso atto dell’aumento del prezzo del grano, la Giunta delibera:
che il grano sia ribassato di £ 0,50 per la città, mantenendo l’aumento di £ 1 per la campagna data la spesa maggiore di trasporto; il prezzo della pasta viene fissato a £ 0,90 al chilo, il pane a £ 0,50 al chilo e il riso a £ 0,80 al chilo.
il 31 ottobre il prezzo dell’olio è fissato a £ 400 l’ettolitro;
il 15 dicembre si delibera il prezzo massimo della carne:
carne bovina = bollito (con osso in quantità non superiore al 20%) £ 3,00 - bollito scelto £ 3,15;
carne bovina = magro (con osso in quantità non superiore al 20%) £ 4,20 - magro senza osso £ 5,50;
carne bovina di bassa macelleria = scelta £ 1,80 - bollito £ 1,50;
carne ovina = castrato quarto anteriore £ 2,70 - castrato coscio e bistecche £ 3,15;
carne ovina = pecora quarto anteriore £ 2,10 - pecora coscio e bistecche £ 2,45.
In oltre due anni di guerra il tributo di sangue dei soldati umbri e gualdesi è altissimo, nasce un comitato promotore della Colonia Agricola Umbra per gli orfani dei contadini morti in guerra, il quale invita tutti i comuni della provincia ad aderire alla benefica iniziativa con un contributo. Dopo le solite espressioni di solidarietà e partecipazione “consapevole di tale dovere….. largo consenso in questa assemblea… plaudendo alla generosa e nobile iniziativa… omaggio ai grandissimi sacrifici sopportati dalla classe rurale…”, il Consiglio delibera di accordare un contributo di £ 400 annue, rappresentante il valore di una retta, per dieci annualità, alla istituenda Colonia Agricola Umbra per gli orfani dei contadini morti in guerra.
Una curiosità: il presidente dell’Opera per gli orfani dei contadini morti in guerra è Alberto Theodoli, Marchese di Sambuci, di San Vito e Pisoniano, Nobile dei Conti di Ciciliano, Patrizio di Forli, Nobile Romano, eletto alla camera dei Deputati nel collegio di Foligno-Gubbio, di cui Gualdo Tadino fa parte, il 2 novembre 1913, carica che mantiene fino al 1919.
Nell’adunanza della Giunta del 18 novembre 1917, il Sindaco informa che la Congregazione di Carità di Gualdo Tadino “ha preso la pietosa iniziativa dell’impianto di un ospedale militare della Croce Rossa, adibendo per locale l’ospedale civile Calai”.
Il segretario della Congregazione di Carità, don Angelo Paffi, dichiara che per gli arredamenti ed altro materiale necessita un contributo non inferiore a £ 4000; il Comune contribuisce con £ 1000 impegnandosi, inoltre, ad aprire una sottoscrizione pubblica per il raggiungimento della somma necessaria.
Un ulteriore provvedimento si rendeva urgente per lasciare interamente libero l’ospedale Calai dai malati civili e destinarlo tutto ai feriti in guerra (1) “…e così si è pensato di adibire la scuola di plastica e i vari annessi presso l’Istituto Salesiano a ricovero dei pochi malati civili”.
(1) Come l'Italia assiste i suoi feriti - Arturo Lancellotti, Roma, agosto 1916