La guerra delle donne
Peppona è una contadina robusta, il marito è al fronte e le bocche da sfamare sono tante. Va in comune a brontolare con l’impiegato comunale che da qualche giorno rimanda la consegna del buono per la farina. Brontola a modo suo, dalla piazza i passanti vedono l’impiegato dondolare dalla finestra, tenuto per le caviglie dalla energica donna:
“Me lo dai il buono per la farina?” - e l’impiegato - “Ahhhhhhh”.
“Me lo dai il buono per la farina?” – “Ahhhhhhh”.
La giornata finisce con Peppona che si porta a casa la farina.
Durante la Grande Guerra le donne gualdesi accettano con rassegnazione la partenza di centinaia di uomini per il fronte e vanno nei campi e nelle fabbriche a sostituirli. Rassegnate… ma quando si tratta di dar da mangiare ai propri figli sono capaci di quasiasi azione. Ricorda Santina in una lettera al marito: “Siamo andati tutti sul comune a reclamare, se tu avessi visto pareva lo sciame di api, venne il maresciallo, i carabinieri e tutti gli altri che pareva il castigo”.
4 novembre 1918, in tutto il paese si festeggia la fine della Grande Guerra. A Gualdo, 60 vedove e 110 orfani di guerra non hanno niente da festeggiare. Quel giorno finisce la guerra degli uomini, ma non finisce quella delle donne rimaste sole.
Lasciano le loro misere case, pieni di niente e vuote di tutto, e cominciano a salire le scale del comune per elemosinare una pensioncina che gli garantirebbe un chilo di pane al giorno, appena sufficiente per far sopravvivere i propri figli. I loro uomini sono stati macellati sui campi di battaglia, sono sole e disperate, ma sono anche trasparenti, dovrebbero salire quelle scale su tappeti rossi ed essere portate in processione. Invece non c’è trippa per gatti, la vittoria è costata cara, "se sa"! In anni in cui la povertà è la normalità, si trovano in una condizione per la quale non esiste un termine appropriato: sopravvivono mangiando nella mensa della Croce Rossa che, ogni tanto, nell’attuale Piazza Garibaldi, distribuisce una minestra calda ai più bisognosi. In seguito avranno la loro misera pensione, ma prima un attestato con tanto di medaglia condita dalle solite belle parole. Resistono e crescono i figli.
Oggi quelle donne non ci sono più, anche i figli se ne sono andati e molti nipoti forse neanche le hanno conosciute, il tempo passa e il loro ricordo è evaporato, come testimoniano le loro spoglie tombe. Spoglie anche il giorno dei morti, quando noi tutti, perlomeno, ci teniamo a non farci cojonà dal vicino di loculo mettendo fiori freschi.
In quelle case gelide, senza acqua e luce, affamati e senza facebook, i nostri figli potrebbero sopravvivere un paio di settimane grosso modo, capirai poi senza cellulare che disastro. Invece hanno la fortuna di vivere in un’altra epoca, un’epoca in cui si fa un esposto alla Procura della Repubblica se la temperatura a scuola è di 17 gradi invece di 18. Cari ragazzi, tra un messaggio e un trillo, ricordatevi di quelle donne che hanno costruito un mondo migliore.
Gualdo non l’ha fatta grande un pittore o un medico, sono state quelle donne sempre affamate.